VITTIME DEL DOVERE
Per quali eventi viene riconosciuto lo status di vittima del dovere.
L’istituzione di fondi ed elargizioni a favore delle vittime del dovere risale al Regio Decreto n. 261 del 13.3.1921 (prima della nascita della Costituzione). Da allora la normativa è notevolmente cambiata, essendo stata integrata da altre disposizioni normative che hanno adeguato le elargizioni economiche ed hanno previsto benefici anche di altra natura, estendendo la platea dei destinatari dei benefici stessi e rimodulando le condizioni per accedervi.
La finalità di questa normativa è quella di riconoscere uno speciale indennizzo o comunque degli specifici benefici a favore del dipendente pubblico o di chi ha svolto un servizio pubblico qualora, nello svolgere – nell’interesse della collettività – il dovere inerente la sua funzione, questi abbia subito un danno permamente alla propria salute o sia deceduto.
La normativa ed i presupposti che danno luogo allo status di vittima del dovere devono essere distinti dalla normativa ed i presupposti della causa di servizio.
La causa di servizio, regolata dal DPR n. 641 del 29.10.2001, è una provvidenza economica dovuta al dipendente pubblico che, a causa dell’espletamento di qualsiasi mansione del proprio lavoro, abbia subito un danno permamente alla salute o sia deceduto.
Il riconoscimento di vittima del dovere, in modo del tutto simile alla causa di servizio, è previsto in favore di dipendenti pubblici e forze dell’ordine che siano deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto, ma non nel corso di qualsiasi mansione, bensì di specifiche attività previste dalla legge (legge finanziaria 2006 commi 563-564). Uno degli aspetti pratici più problematici della normativa è spesso quello di individuare quali siano le mansioni, le attività o gli eventi che, in caso di lesione alla salute, diano diritto ai benefici.
Chi sono le vittime del dovere – forze dell’ordine od altri dipendenti pubblici deceduti o permanentemente invalidi
Le vittime del dovere sono i soggetti individuati all’art. 3 L. n. 466/1980, che siano deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto ed a causa di determinati eventi previsti dalla legge. Rientrano in questa categoria:
militari dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, del Corpo degli agenti di custodia,
personale del Corpo forestale dello Stato,
funzionari di pubblica sicurezza,
personale del Corpo di polizia femminile,
personale civile della Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena,
vigili del fuoco,
appartenenti alle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso
Chi può presentare la domanda
La domanda per il riconoscimento dello status di vittime del dovere e dei conseguenti benefici previsti dalla normativa vigente può essere presentata:
– dai familiari superstiti (coniuge e figli, genitori, fratelli e sorelle se conviventi a carico ai sensi dell’art. 6 L. 466/1980);
– dai conviventi a carico della persona deceduta negli ultimi tre anni precedenti l’evento (art. 4 L. 302/1990);
– dai conviventi more uxorio (art. 4 L. 302/1990);
– in mancanza di tali soggetti, in qualità di unici superstiti, dagli orfani, dai fratelli o sorelle o infine dagli ascendenti in linea retta, anche se non conviventi e non a carico (art. 82, comma 4, 388/2008).
Quando presentare l’istanza
Bisogna distinguere il termine per proporre l’istanza per il riconoscimento dello status di vittima del dovere, dal termine per chiedere i singoli ratei delle conseguenti prestazioni economiche.
Il diritto al riconoscimento dello status non è soggetto a prescrizione e quindi l’istanza può essere presentata in ogni momento. I singoli ratei delle prestazioni economiche che conseguono al riconoscimento dello status di vittima del dovere si prescrivono invece in 10 anni.
Ciò signifca che la vittima del dovere, se riconosciuta tale, ha diritto alle relative prestazioni economiche sin dal giorno in cui ha subito la lesione, ma può presentare istanza anche dopo anni dalla stessa. Tuttavia, se sono decorsi più di dieci anni dalla lesione, possono essere riscossi solo i ratei arretrati accumulatisi negli ultimi dieci anni, mentre quelli precedenti non potranno più essere riscossi. Quindi, laddove la lesione si fosse – ad esempio – verificata nel gennaio 2010 e l’istanza fosse stata presentata nel gennaio 2021, la vittima del dovere potrà riscuotere i ratei arretrati dal gennaio 2011 in poi, mentre quelli maturati dal gennaio 2010 al dicembre 2010 dovranno ritenersi prescritti.
Presupposti. Quale evento ha causato decesso od invalidità? (comma 563 L. n. 266/2005 – elenco espressamente previsto dalla legge)
Come visto i benefici per le vittime del dovere spettano ad appartenenti alle forze dell’ordine od altri dipendenti pubblici che siano deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto.
La legge 266/2005 (legge finanziaria 2006) al comma 563 prevede che – per aver diritto ai benefici di vittima del dovere – il decesso o l’invalidità debbano essere causati da lesioni riportate nel corso di specifici eventi, ovvero quelli verificatisi:
b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
d) in operazioni di soccorso;
e) in attivita’ di tutela della pubblica incolumità;
f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.
Ulteriori ipotesi di riconoscimento dello status (altre missioni non espressamente menzionate dalla legge)
La lesione alla salute avvenuta nel corso delle attività elencate dal comma 563 della legge n. 266/2005 dà quindi diritto al riconoscimento dello status e dei benefici delle vittime del dovere. Il successivo comma 564 dispone che gli stessi benefici vengono anche riconosciuti se l’evento lesivo si è verificato nel corso di una missione svolta in particolari situazioni ambientali od operative, in occasione ed a causa della quale il dipendente ha riportato infermità permanenti riconosciute dipendenti da causa di servizio.
Secondo l’art. 1 del DPR n. 243/2006, per missioni deve sostanzialmente intendersi qualsiasi compito autorizzato dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente, mentre per particolari condizioni ambientali od operative deve intendersi la presenza di circostanze straordinarie che hanno generato rischi maggiori rispetto al normale.
La spiegazione risiede nel fatto che le attività previste dal comma 563 sono considerate sicuramente pericolose e compiute nell’interesse della collettività, mentre per le missioni indicate dal comma 564 queste caratteristiche devono essere valutate caso per caso (cfr. Corte di Cassazione n. 15484/2017).
Il legislatore ha previsto espressamente un elenco di attività pericolose, chiarendo che nelle ipotesi previste dal comma 563, non occorrerà mai valutare se le stesse abbiano o meno messo il pericolo il dipendente pubblico, perché è certo che ciò sia avvenuto. D’altronde sarebbe impossibile negare che un militare corra un pericolo per la propria incolumità nel contrastare la criminalità o nello svolgere un servizio di ordine pubblico, come ad esempio nell’intervenire sul luogo di una rapina o nel presiedere ad una manifestazione organizzata di protesta.
Nello stesso tempo però ci si è resi conto dell’esistenza di vari compiti che, seppur astrattamente non pericolosi, lo possono diventare a causa di situazioni eccezionali e non dipendenti dalla volontà del soggetto leso.
Per comprendere meglio i risvolti pratici del comma 564, possiamo vedere di seguito alcuni casi concreti:
- Un militare, per partecipare ad una manifestazione sportiva di propaganda della vita militare, si è recato sui luoghi dell’evento trasporatato da un pulmann, operazione di per sé ordinaria e priva di rischi, ma che è diventata pericolosa per il pessimo stato di manutenzione del mezzo e per le condizioni metereologiche particolarmente avverse. Il militare in questione, durante il percorso, è stato poi coinvolto in un sinistro dipeso effettivamente da tali particolari circostanze e, avendo riportato lesioni, è stato quindi riconsciuto vittima del dovere in forza del citato comma 564 (caso tratto dalla sentenza della Cassazione n. 15484/2017).
- E’ stato riconosciuto quale vittima del dovere un militare tenuto a recarsi, per ordine del superiore, all’interno dell’infermeria della propria caserma, per sottoporsi ad una visita medica, e così contagiato da altri militari affetti da meningite e non tenuti in quarantena (caso tratto dalla sentenza della Cass. Civ., sez. lav., 01/04/2022, n. 10631). Anche in questo caso, il sottoporsi ad una visita medica è senz’altro un’azione consueta ed innocua, che tuttavia diventa pericolosa nel momento in cui non vengano adottate le misure minime di sicurezza, con la conseguenza che la patologia contratta dal militare deve ritenersi dovuta a particolari condizioni ambientali così come previsto dall’art. 1 DPR n. 243/2006.
- Non è stato invece riconosciuto vittima del dovere un militare attinto da un proiettile nel corso di una normale attività di addestramento rispetto alla quale non sono emerse condizioni eccezionali od operative dissimili dal normale, talché non è stato riscontrato un maggiore rischio rispetto a quello insito nell’attività ordinaria cui il militare era addetto (caso tratto dalla sentenza della Cassazione n. 13114 del 24/6/2015).
- Un atleta militare, nel corso di una competizione di judo, ha riportato una lesione permamente. In questo caso non è stato riconosciuto lo status di vittima del dovere, perché l’attività sportiva da contatto necessario praticata dal militare è ordinariamente caratterizzata da uno scontro fisico, trattandosi di un’arte marziale, nell’ambito della quale è insito il rischio di lesioni, rischio che è ovviamente accettato da chi pratica tali discipline. La vicenda è tratta dalla sentenza della Corte di Cassazione del 30/05/2022, n.17435, nella quale viene spiegato come la pratica di arti marziali, se svolta secondo le regole tipiche della relativa disciplina, non può considerarsi caratterizzata da circostanze eccezionali che la rendano più pericolosa del normale.
Nei casi che abbiamo riassunto sono state sempre applicate le regole previste dal comma 564.
In sintesi, al di fuori delle attività previste dal comma 563, può essere riconosciuto vittima del dovere solo chi ha affrontato un compito dovuto per il proprio servizio a condizioni diverse dall’ordinario.
La vicenda dell’atleta militare praticante di judo offre l’occasione per un’ulteriore osservazione. In quella circostanza, infatti al militare è stata riconosciuta la causa di servizio, avendo subito una lesione nel corso di una attività di servizio tipica di ogni atleta militare. Questa vicenda consente di tener distinti i presupposti della causa di servizio e quelli di vittima del dovere. Il militare ha infatti subito una lesione, ovviamente rientrante tra quelle di cui alla tabella A annessa alla legge 18 marzo 1968, n. 313 e ciò a causa del servizio reso. Pur avendo diritto al riconoscimento della causa di servizio e dell’equo indennizzo, il militare non si è visto riconoscere quale vittima del dovere, perché la lesione a suo carico non è avvenuta in condizioni particolari od eccezionali ed i rischi affrontati non erano maggiori rispetto a quelli che il militare poteva mettere in conto.
Quindi l’accertamento della dipendenza di una lesione da causa di servizio può essere certamente da supporto alla domanda per il riconoscimento di vittima del dovere, ma non è sufficiente ad ottenere l’accoglimento di quest’ultima.
Qual’è il ruolo di un avvocato
Come si è visto il riconoscimento dello status di vittima del dovere presuppone un’attenta valutazione delle circostanze concrete, dovendosi esaminare caso per caso, perché ogni vicenda ha una storia a sé. Ciò impone una specifica istruzione dell’istanza amministrativa, con allegazione della documentazione in possesso dell’interessato, che spesso va integrata con documenti in possesso dell’Amministrazione da ottenere mediante istanza di accesso agli atti, nonché con accertamenti sanitari e medico-legali. In caso di rigetto dell’istanza amministrativa è peraltro indispensabile curare la redazione del ricorso all’Autorità Giudiziaria Ordinaria, al quale allegare fonti probatorie documentali e non, affinché l’istruttoria si possa sviluppare in modo tale da fornire al Giudicante gli elementi per accogliere la domanda.