Procedimento Penale e Disciplinare per il personale militare
L’azione penale nei confronti di un pubblico dipendente deve essere comunicata dal pubblico Ministero all’Amministrazione dalla quale questo dipende (ed alla Procura della Corte dei Conti se i fatti hanno cagionato danno all’erario) ai sensi dell’art. 129 disp. att. c.p.p. La cancelleria del Tribunale dovrà poi comunicare alla stessa Amministrazione il dispositivo della sentenza pronunciata all’esito del processo e, su richiesta dalla stessa Amministrazione, la sentenza completa di motivazioni.
Quando il procedimento disciplinare deve essere sospeso.
In caso di pendenza di un procedimento penale, l’Amministrazione militare è tenuta ad aprire un procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare, in alcuni casi, deve essere sospeso in attesa della definizione del procedimento penale; in altri casi, l’azione disciplinare viene esercitata senza sospensione, ed indipendentemente dal procedimento instaurato dall’Autorità Giudiziaria.
Il Codice dell’ordinamento militare regola il rapporto tra procedimento disciplinare e penale, nel caso in cui si accertino “fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria”. Con tale locuzione il codice intende riferirsi a qualsiasi fase del procedimento penale, sia essa di indagini, di udienza preliminare o di dibattimento. In particolare, la “Guida tecnica” delle procedure disciplinari diramata dal Ministero della Difesa nell’anno 2023 specifica che il momento iniziale di conoscenza del fatto da parte dell’Amministrazione è “la notizia circa lo svolgimento di indagini preliminari e non la richiesta di rinvio a giudizio. Tale precisazione vale, evidentemente, solo nel caso in cui la vicenda non sia altrimenti nota all’Amministrazione (ad esempio, per avere avuto risalto mediatico pur se non ancora oggetto di un provvedimento formale dell’Autorità Giudiziaria)” (Guida tecnica pag. 22). Le particolari regole di cui all’art. 1393 C.o.m. si applicano quindi nel momento in cui l’Amministrazione viene a conoscenza dell’esistenza di un’indagine, perché la notizia è nota e di pubblico dominio, perché l’Amministrazione stessa ha denunciato l’interessato, oppure perché questi è stato raggiunto da un atto che presuppone un’indagine sottostante quale la perquisizione, il sequestro o anche l’interrogatorio quando questi sono stati condotti dalla stessa amministrazione (quest’ultimo caso trattato dalla sentenza Cons. Stato, Sez. IV, del 24/03/2020, n. 2053).
Al di fuori di tali circostanze, l’Amministrazione può venire a conoscenza di un procedimento penale al termine della fase di indagini preliminari, quando il Pubblico Ministero esercita l’azione penale ai sensi dell’art. 60 c.p.p. In questo caso infatti, come detto, l’art. 129 disp. att. c.p.p. dispone che tale iniziativa, se riguardante un pubblico dipendente, deve essere comunicata all’Amministrazione dalla quale egli dipende.
Chiarite le modalità con le quali l’Amministrazione può apprendere della pendenza del procedimento penale, l’art. 1393 C.o.m. prevede in quali casi l’azione disciplinare debba essere sospesa, descrivendo tre diverse ipotesi.
Accertamento agevole allo stato degli atti: Di regola il procedimento disciplinare segue il suo corso, a prescindere quindi dal procedimento penale. Ciò in particolare se si tratta di esaminare fatti semplici, ovvero rispetto ai quali l’Amministrazione ha già tutti gli elementi per valutare la condotta.
Fatti sanzionabili ex art. 1362 o art. 1357 C.o.m.: Se invece l’addebito è mosso per fatti punibili con la consegna di rigore (ovvero per uno dei fatti elencati all’art. 751 del DPR 90/2010) o con le sanzioni disciplinari di stato di cui all’art. 1357 C.o.m., l’Amministrazione deve compiere un’ulteriore valutazione. Qualora l’accertamento del fatto addebitato al militare sia complesso, ovvero qualora, all’esito di accertamenti preliminari, non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, l’Amministrazione deve promuovere il procedimento disciplinare al termine di quello penale. Se invece, nonostante la gravità dei fatti, siano già chiari tutti gli elementi conoscitivi, il procedimento disciplinare può seguire il suo corso a prescindere da quello penale.
Atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio: qualora il procedimento penale riguardi atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio, il procedimento disciplinare non deve essere promosso e se già iniziato deve essere sospeso fino alla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che concludono il procedimento penale, ovvero del provvedimento di archiviazione.
La logica delle regole appena viste è data dal fatto che l’Amministrazione – in sede disciplinare – non ha poteri di indagine analoghi a quelli del Pubblico Ministero, sicché laddove l’accertamento sia semplice e si abbiano già tutti gli elementi per valutare la condotta del militare, non occorre attendere gli esiti del procedimento penale, mentre in caso contrario è necessario attendere che la magistratura accerti analiticamente i fatti, acquisendo tutti gli elementi del caso, per poi consentire una più esauriente istruttoria anche in sede disciplinare.
Da quanto sopra, a seconda che il procedimento disciplinare sia stato o meno sospeso, possono verificarsi le seguenti ipotesi.
A) Il procedimento disciplinare non sospeso si è concluso con una sanzione, ed il procedimento penale successivamente si è concluso con l’assoluzione:
-> Il procedimento disciplinare deve essere riaperto ad istanza del militare sanzionato, da presentarsi entro 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza penale.
B) Il procedimento disciplinare si è concluso senza irrogazione di sanzione, ma il procedimento penale si successivamente definito con un condanna:
-> Il procedimento disciplinare deve essere riaperto d’ufficio entro 90 giorni dalla comunicazione della sentenza di condanna passata in giudicato in forma integrale e deve essere concluso entro 270 giorni, per valutare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale.
C) Il procedimento disciplinare si era concluso con l’irrogazione di una sanzione di corpo, ma il procedimento penale successivamente si è concluso con un condanna per un fatto che può comportare l’irrogazione di una delle sanzioni di stato espulsive previste dall’art. 1357 CoM (c) la cessazione dalla ferma o dalla rafferma per grave mancanza disciplinare o grave inadempienza ai doveri del militare;d) la perdita del grado per rimozione).
-> ll procedimento disciplinare deve essere riaperto d’ufficio entro 90 giorni dalla comunicazione della sentenza di condanna passata in giudicato in forma integrale e deve essere concluso entro 270 giorni, per valutare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale.
D) Il procedimento disciplinare è stato sospeso o non è stato iniziato.
-> Il procedimento disciplinare deve essere instaurato o ripreso, ai sensi dell’art. 1392, co. 3, e dell’art. 1393, co. 4, d. lgs. 15 marzo 2010 n. 66, a decorrere dalla data di intervenuta conoscenza della sentenza che conclude definitivamente e complessivamente il processo penale (Consiglio di Stato Ad. Pl. 13 settembre 2022 n. 14). In particolare, il procedimento disciplinare deve essere instaurato o ripreso entro il termine di 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione e deve essere definito entro 270 giorni sempre decorrenti dalla conoscenza della sentenza penale.
Occorre precisare che, il decorso del termine per riaprire il procedimento a carico dell’Amministrazione decorre dalla conoscenza integrale della sentenza (Corte Costituzionale n. 186 del 2004). Da ciò deriva che, in primo luogo, la sentenza penale deve essere passata in giudicato e comunicata integralmente all’Amminstrazione (sentenza Consiglio di Stato n. 1344/2019).
Come abbiamo visto in precedenza, infatti, la cancelleria del Giudice che ha emesso la sentenza comunica all’Amministrazione soltanto il dispositivo e, solo dopo esplicita richiesta, è tenuta a comunicare anche le motivazioni ai sensi dell’art. 154ter disp.att.c.p.p.
In secondo luogo, però, qualora sia stata impugnata una sentenza e la decisione sull’impugnazione sia di rito, e ciò avviene per esempio nel caso di inammissibilità dell’appello o del ricorso in cassazione, non è necessaria la comunicazione integrale dell’ultima sentenza, ma è sufficiente il dispositivo (sentenza Consiglio di Stato n. 5893/2021).
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