Limiti alla discrezionalità nelle sanzioni disciplinari.

Limiti alla discrezionalità amministrativa, vizi di legittimità e contestazione delle sanzioni disciplinari. Un breve commento delle sentenze CGA Sicilia n. 761/2023 e TAR Campania n. 4994/2024.

Le decisioni della Pubblica Amministrazione, specialmente quelle relative ai provvedimenti disciplinari, sono spesso difficili da contestare. Questo perché si ritiene che la P.A. disponga di un ampio margine di scelta (discrezionalità) e che un giudice o altri enti esterni non possano intervenire nel merito della decisione, cioè non possano valutare se la scelta dell’Amministrazione sia giusta o sbagliata. Tale potere si fonda sul fatto che i responsabili della P.A. sono selezionati tramite concorso e possiedono competenze specifiche, oltre a un’esperienza diretta nel settore. Grazie a questa conoscenza e alla familiarità con il contesto operativo quotidiano, sono considerati più qualificati nel giudicare la gravità delle azioni e nel prendere decisioni rapide ed efficaci, contribuendo così al buon funzionamento dell’Amministrazione.

Tuttavia, la discrezionalità amministrativa non è illimitata: esistono importanti limiti e garanzie a tutela del dipendente, sanciti sia dalla legge che dalla giurisprudenza. Le recenti sentenze del CGA Sicilia n. 761/2023 e del TAR Campania n. 4994/2024 offrono chiarimenti utili per capire quali siano questi limiti e come un dipendente possa far valere i propri diritti.

Per il personale delle forze dell’ordine, essere consapevoli dei limiti della discrezionalità amministrativa e dei vizi di legittimità è fondamentale per poter difendere i propri diritti in caso di contestazione disciplinare. Ad esempio, chi subisce una sanzione per un comportamento ritenuto irregolare deve sapere che l’amministrazione ha l’obbligo di agire tempestivamente e in modo proporzionato. Se la sanzione è stata inflitta con un ritardo non giustificato o senza un’adeguata istruttoria, può essere contestata in sede amministrativa e successivamente davanti al T.A.R. Ciò vale tanto per i corpi militari (vd. ad es. art. 1398 D.lvo n. 66/2010) che per il personale di Polizia (art. 103 DPR n. 3/1957)

I vizi di legittimità

I vizi di legittimità che possono essere invocati per contestare un atto amministrativo, inclusa una sanzione disciplinare, sono tre: eccesso di potere, violazione di legge e incompetenza.

1. Eccesso di potere: L’amministrazione sbaglia quando prende decisioni senza valutare correttamente tutte le prove, quando agisce in modo irragionevole o quando infligge sanzioni troppo severe rispetto ai fatti contestati.

2. Violazione di legge: Si ha quando l’amministrazione non rispetta le norme sostanziali o procedurali che regolano l’azione disciplinare. Questo vizio può riguardare il mancato rispetto dei termini perentori, la violazione dei diritti di difesa del dipendente o l’inosservanza di specifiche disposizioni normative.

3. Incompetenza: Si verifica quando l’atto amministrativo è adottato da un organo o soggetto che non ha la competenza a emanarlo. Sebbene questo vizio non sia stato oggetto di analisi nelle sentenze esaminate, è comunque rilevante per inquadrare correttamente i vizi di legittimità. Nel contesto disciplinare, l’incompetenza può manifestarsi, ad esempio, se la sanzione viene irrogata da un ufficio che non ha il potere disciplinare previsto dalla normativa, violando le disposizioni relative alla competenza per materia, per territorio o per grado. L’incompetenza costituisce un vizio di legittimità oggettivo e formale, che comporta l’annullabilità dell’atto amministrativo senza necessità di entrare nel merito della valutazione discrezionale compiuta.

Principi affermati nella sentenza del CGA Sicilia n. 761/2023

Il CGA Sicilia, nella sentenza n. 761/2023, ha trattato un caso in cui il Ministero dell’Interno aveva avviato tardivamente un procedimento disciplinare nei confronti di un dirigente della Polizia di Stato. La decisione del Consiglio ha ribadito che la discrezionalità dell’Amministrazione è limitata dall’obbligo di tempestività, soprattutto quando gli elementi per procedere disciplinarmente sono già stati acquisiti:

  • Tempestività come limite alla discrezionalità: Il C.G.A. ha affermato che il ritardo nell’avvio del procedimento disciplinare, giustificato dal Ministero con l’attesa della conclusione del procedimento penale, è stato in realtà immotivato. La giurisprudenza consolidata richiede che l’Amministrazione proceda senza indugi non appena acquisisce conoscenza dei fatti rilevanti, salvo sospendere il procedimento solo in presenza di un processo penale formale e di comprovata complessità istruttoria (trattiamo il tema in questo articolo).
  • Autonomia del procedimento disciplinare: Il C.G.A. ha ribadito che il procedimento disciplinare è autonomo rispetto a quello penale e non deve essere subordinato a quest’ultimo. Il CGA ha ribadito il principio di autonomia “temperata” del procedimento disciplinare rispetto a quello penale.
  • Ciò significa che l’Amministrazione deve avviare il procedimento disciplinare senza attendere necessariamente l’esito del procedimento penale, a meno che:
    • sia richiesta l’azione penale (artt. 416 e 405 c.p.p.) e quindi il dipendente da indagato è divenuto imputato.
    • La sanzione disciplinare prevista sia particolarmente grave (es. perdita del grado) e richieda prove che solo il processo penale può fornire.
Principi affermati nella sentenza del T.A.R. Campania n. 4994/2024

Nel caso esaminato dal T.A.R. Campania, un militare era stato sanzionato con la perdita del grado per presunte condotte contrarie ai principi di moralità dell’Arma, perché accusato di aver fatto uso di sostanze vietate, basando questa circostanza sulle dichiarazioni rese dallo stesso militare in occasione di una perquisizione. Il T.A.R. ha annullato la sanzione per difetto di istruttoria e sproporzionalità, evidenziando come l’Amministrazione avesse esercitato la propria discrezionalità in modo inadeguato:

  1. Difetto di istruttoria come limite alla discrezionalità: Il T.A.R. ha rilevato che l’Amministrazione non aveva considerato elementi di prova significativi, che contraddicevano l’uso di sostanze vietate. In particolare, il militare ha spiegato di aver reso le proprie dichiarazioni durante una perquisizione solo per concludere rapidamente l’operazione, e ha successivamente dimostrato la sua estraneità ai fatti sottoponendosi ad analisi tossicologiche, risultate negative. Questo caso evidenzia come la discrezionalità amministrativa debba essere esercitata considerando tutte le prove disponibili, evitando di basarsi esclusivamente su un unico elemento. Ad esempio, se un agente viene sanzionato per comportamento scorretto solo sulla base di una testimonianza, senza ulteriori verifiche, potrebbe trattarsi di un difetto di istruttoria. In situazioni simili, il dipendente può presentare una memoria difensiva e richiedere che vengano raccolte ulteriori prove o testimonianze a suo favore.
  2. Proporzionalità della sanzione: La sentenza ha richiamato inoltre il principio di proporzionalità, che impone all’Amministrazione di applicare sanzioni adeguate alla gravità della condotta contestata. Una sanzione, soprattutto quando si tratta della perdita del grado, non deve essere applicata automaticamente per una determinata condotta, ma bisogna anche valutare le circostanze attenuanti o giustificative. Ad esempio, un poliziotto che riceve la sospensione dal servizio per un’infrazione minore, come un ritardo occasionale, potrebbe contestare la sanzione come sproporzionata, invocando circostanze attenuanti come validi motivi del ritardo e l’assenza di precedenti analoghi.
I vizi rilevati dalle sentenze

Le sentenze del C.G.A. Sicilia e del T.A.R. Campania evidenziano principalmente due dei tre vizi di legittimità: l’eccesso di potere e la violazione di legge.

L’eccesso di potere si manifesta in diverse forme nella pronuncia del TAR:

Difetto di istruttoria: Nel caso trattato dal T.A.R. Campania, l’Amministrazione non ha considerato adeguatamente l’esito negativo delle analisi tossicologiche, un elemento rilevante che avrebbe potuto influire sulla decisione finale. Questo difetto di istruttoria rappresenta un tipico esempio di eccesso di potere, poiché l’atto è stato adottato senza una valutazione completa dei fatti.

Sproporzionalità della sanzione: Nel caso giudicato dal T.A.R. Campania, inoltre, la perdita del grado è stata ritenuta eccessiva rispetto alla condotta contestata, soprattutto in considerazione delle circostanze attenuanti.

Illogicità e irrazionalità manifesta: Nel caso trattato dal T.A.R. Campania, la decisione di infliggere una sanzione severa nonostante l’esito negativo del test tossicologico e la ritrattazione delle dichiarazioni del ricorrente è apparsa illogica, configurando un eccesso di potere per manifesta irragionevolezza.

Nella sentenza del CGA emerge, quale vizio, la violazione di legge:

Violazione del principio di immediatezza: La sentenza del C.G.A. Sicilia ha censurato il Ministero dell’Interno per non aver rispettato l’obbligo di contestare tempestivamente la condotta disciplinare, ritardando l’avvio del procedimento senza giustificazioni valide. Questo ritardo costituisce una violazione delle disposizioni normative che regolano i termini perentori per l’avvio del procedimento disciplinare ed in particolare, per il personale della Poliza di Stato, dell’art. 103 DPR n. 3/1957.

Contestazione di una sanzione disciplinare: Strumenti e motivi di ricorso

Per contestare una sanzione disciplinare, il dipendente deve intanto partecipare al procedimento disciplinare mostrando le sue giustificazioni (cfr. art. 1370 D.lvo n. 66/2010 per il personale militare e art. 14 D.P.R. n. 737/1981 per il personale della Polizia di Stato).

Avverso la sanzione emessa è possibile ricorrere:

  • In sede amministrativa, tramite ricorso gerarchico (art. 1 D.P.R. n. 1199/1971 ed art. 1363 D.lvo n. 66/2010 per il personale ad ordinamento militare; artt. 23 e 24 D.P.R. n. 737/1981 per il personale della Polizia di Stato), contestando anche il merito della scelta discrezionale, nonché vizi di eccesso di potere, violazione di legge o incompetenza.
  • In caso esito negativo del ricorso gerarchico è possibile presentare ricorso giurisdizionale, al TAR entro 60 giorni (oppure ricorso straordinario al Presidente della Repubblica entro 120 giorni), che può sindacare i soli vizi di legittimità dell’atto amministrativo commentati in precedenza.
  • Inoltre, a prescindere da ogni termine, il personale delle forze dell’ordine ad ordinamento militare può chiedere il riesame del provvedimento disciplinare, se sono emerse nuove prove a sua discolpa successivamente al provvedimento, ai sensi dell’art. 1365 D.lvo n. 66/2010 (la sentenza del Consiglio di Stato n. 50 del 2024 precisa che deve tuttavia trattarsi di prove che prima non erano emerse e che il militare non poteva produrre), così come – per le medesime circostanze – il personale ad ordinamento civile può chiedere la riapertura del procedimento ai sensi dell’art. 26 D.P.R. 737/1981.
Conclusioni

Le sentenze del CGA Sicilia e del TAR Campania evidenziano come la discrezionalità amministrativa sia circoscritta dai principi di legalità, tempestività, proporzionalità e competenza. L’esercizio della discrezionalità deve rispettare questi limiti per garantire che l’azione disciplinare sia equa e legittima. Se la fase amministrativa, compreso il ricorso gerarchico, dovesse concludersi con un sanzione, il procedimento giudiziale rappresenta uno strumento di bilanciamento tra l’autonomia dell’Amministrazione e la tutela dei diritti dei dipendenti. In questa sede, la possibilità di rilevare i vizi di eccesso di potere, violazione di legge e incompetenza rappresenta il principale strumento di tutela per il dipendente, permettendo di impugnare sanzioni disciplinari adottate in violazione di principi giuridici fondamentali. Il personale delle forze dell’ordine, se ben informato e preparato, ha quindi strumenti per tutelare i propri diritti, facendo salvo l’ambito di discrezionalità della P.A.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*