Il Trasferimemento del personale militare

I trasferimenti dei militari vengono disciplinati dall’art. 976 all’art. 981 del Codice dell’ordinamento militare.

Il mondo militare è caratterizzato da una naturale flessibilità della sede di lavoro, per le particolari funzioni che il personale è chiamato a svolgere, caratterizzate da un particolare obbligo di fedeltà ed obbedienza che differenzia i militari da altri dipendenti pubblici, sia appartenenti al comparto privatizzato che non.

Al termine della fase di formazione, la  prima  assegnazione  di sede di servizio del militare è stabilita sulla base delle direttive d’impiego di ciascuna Forza armata, tenuto conto  dell’ordine  della graduatoria di merito. Durante la fase addestrativa il militare non è titolare di una sede di servizio in senso proprio, con la conseguenza che la destinazione alla sede di impiego al termine del ciclo addestrativo non costituisce trasferimento di autorità (Consiglio di Stato sentenza n. 225/2013).

Le  successive  assegnazioni di sede e di servizio avvengono d’autorità o a domanda.

Dobbiamo quindi distinguere due tipi di trasferimento, quello d’autorità – che è disposto d’ufficio dall’Amministrazione – e quello a domanda, quest’ultimo disposto su richiesta del militare.

Vediamo in sintesi quali problematiche possono sorgere a seguito di un trasferimento, e quando ed in che misura il provvedimento di trasferimento d’autorità sia nel concreto contestabile dal militare.

Il trasferimento d’autorità.

Il trasferimento d’autorità è qualificato come “ordine”, ed assume caratteristiche diverse da quelle di un trasferimento disposto d’ufficio nel pubblico impiego privatizzato.

In particolare l’Amministrazione può disporre il trasferimento per ragioni di servizio e, quindi, per il miglior funzionamento dell’ufficio. Nel bilanciare le esigenze delle parti, sono preminenti quelle dell’Amministrazione rispetto a quelle del singolo militare trasferito. In particolare “i provvedimenti di trasferimento d’autorità di militari – ivi compresi quelli assunti per ragioni di incompatibilità ambientale – sono qualificabili come “ordini”, rispetto ai quali l’interesse del militare a prestare servizio in una determinata sede assume, di norma, una rilevanza di mero fatto, che non abbisogna di particolari garanzie di partecipazione preventiva, quale è quella di cui all’art. 7, L. 7 agosto 1990, n. 241″ Cons. Stato, Sez. II, 26/05/2021, n. 4071).

Le motivazioni del provvedimento non possono essere chieste invocando la legge n. 241/90 (legge che regola il procedimento amministrativo), che non si applica agli ordini militari come espressamente previsto dal terzo comma dell’art. 1349 dell’Ordinamento Militare. La ragione è insita nel sistema militare, che è caratterizzato da esigenze di celerità e segretezza tali da necessitare dell’obbedienza del destinatario del comando, a prescindere dalle ragioni, che il militare potrebbe anche non essere autorizzato a conoscere.

Trasferimento per incompatibilità ambientale.

Tra le ragioni del trasferimento d’autorità, assume particolare importanza l’incompatibilità ambientale, quest’ultima solitamente descritta come una obiettiva situazione di fatto per effetto della quale la permanenza dell’impiegato in una determinata sede è di nocumento al “prestigio dell’amministrazione” (Cons. Stato, III Sezione, 22 agosto 2012 n. 4587).

Nel concreto, l’incompatibilità ambientale riguarda l’organizzazione dell’ufficio e non è necessariamente dovuta a colpa del dipendente trasferito, ma scaturisce da situazioni oggettive (Cons. Stato, Sez. II, Sent. 24.07.2023, n. 7197). Non è infatti una sanzione disciplinare, perché l’ordinamento militare all’art. 1353 COM prevede che “non possono essere inflitte sanzioni disciplinari diverse da quelle previste nel presente capo” e tra le sanzioni elencate non vi è il trasferimento.

La casistica è molto varia e, a parte le più frequenti ipotesi di incompatibilità ambientale dovuta a dissidi di vario genere tra militari di pari o diverso grado, vi sono pure casi nei quali l’incompatibilità può essere dovuta a rapporti di parentela o di vicinanza con soggetti sottoposti a procedimenti penali (T.A.R. Lazio, sez. I, 27.09.2004, n. 9825; T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. I, 21.04.2006, n. 888), od ad indagini (Cons. Stato, Sez. II, Sent. 24.07.2023, n. 7197).

Come ogni trasferimento d’autorità, quello di incompatibilità ambientale non deve recare una motivazione specifca; l’Amministrazione può infatti limitarsi ad indicare soltanto le situazioni che di fatto hanno dato luogo all’incompatibilità ambientale (T.A.R. Puglia Lecce, Sez. II, 05/04/2023, n. 435).

Se il militare impugna l’atto davanti al Giudice Amministrativo, si apre la fase giudiziale, nel corso della quale l’Amministrazione può essere chiamata ad approfondire le motivazioni del trasferimento, spiegando perché questo è adatto a far venire meno l’incompatibilità ambientale. Se, per esempio, il militare frequenta un soggetto sottoposto a procedimento penale, l’Amministrazione potrà spiegare che l’allontamento dalla sede di lavoro eviterà questa frequentazione (cfr T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. I, 21.04.2006, n. 888).

Il Giudice dovrà riscontrare queste osservazioni ed annullare l’atto quando sia accertato che i fatti sono in realtà diversi da quelli indicati dall’Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 17 gennaio 2018 n. 239 – cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 gennaio 2011, n. 623; sez. IV, 3 maggio 2011, n. 2615; sez. IV, 15 gennaio 2016, n. 103; C.G.A.R.S., 20 dicembre 2016, n. 473), oppure quando il trasferimento non risolve l’incompatibilità.

Essendo un ordine ex art. 1349 COM, il trasferimento è legittimo anche nel caso in cui non sia l’unico modo per risolvere l’incompatibilità ambientale, ma uno dei tanti.

Quando è possibile contestare il trasferimento.

La giurisprudenza ha precisato che, seppur il trasferimento di autorità non necessiti di una particolare motivazione trattandosi di un atto discrezionale dell’amministrazione, lo stesso non è del tutto “impermeabile al sindacato del Giudice” (Cons. Stato, sez. IV, n. 8010/2010 e Consiglio di Stato n. 3261/2018). Il Giudice può quindi operare un controllo più approfondito su una motivazione formale e genericamente riferita alle esigenze del servizio, ma ciò soltanto se il militare sia in grado di dedurre precisi elementi che smentiscano del tutto le esigenze che hanno indotto l’amministrazione a trasferirlo, facendo emergere un’assoluta arbitrarietà e quindi abnormità dell’atto di trasferimento (Cons. Stato, n. 2187/2011).

Altra ipotesi di annullamento sussiste quando le ragioni poste a sostegno del trasferimento appaiano irragionevoli, oppure quando il trasferimento è illogico perché non idoneo a risolvere le esigenze di servizio che l’amministrazione ha posto a sostegno del trasferimento, od infine quando sono del tutto ignorate le ragioni familiari prospettate dal militare trasferito (cfr. CGA, sez. I giurisdizionale, sentenza 25/07/2014 n. 453). L’Amministrazione deve cioè almeno spiegare perché le esigenze di trasferimento sono prevalenti rispetto a quelle familiari.

Il trasferimento è comunque illegittimo quando è discriminatorio, così come previsto dal comma 2 dell’art. 1468 COM., oppure quando è vessatorio (cfr. Consiglio di Stato n. 3695/2010; Consiglio di Stato n. 2011 del 2016).

Trasferimenti ed art. 42bis D.lvo n. 151/2001.

L’art. 1493 COM prevede espressamente l’applicazione al  personale  militare delle norme a tutela della maternità e paternità previste in favore del personale delle pubbliche amministrazioni. Nello specifico l’art. 2209sexies COM afferma l’applicazione ai militari dell’art. 42bis D.lvo n. 151/2001.

L’art. 45 Dlvo n. 95/2017 comma 31 bis prevede che le disposizioni di cui all’art. 42bis comma 1 D.lvo n. 151/2001 si applicano esclusivamente in caso di istanza di assegnazione presso uffici della stessa Forza di polizia di appartenenza del richiedente, ovvero, per gli appartenenti all’Amministrazione della difesa, presso uffici della medesima. Il diniego è consentito per motivate esigenze organiche o di servizio.

Al fine di chiarire il quadro normativo, occorre specificare che le varie disposizioni sopra indicate hanno dato luogo all’applicazione, anche ai militari, delle regole proprie del ricongiungimento familiare previste per i dipendenti pubblici, ma con delle limitazioni.

La norma dispone adesso che il genitore militare di figlio di età non superiore a tre anni può chiedere di essere assegnato,  anche  in  modo frazionato e per un periodo  complessivamente  non  superiore  a  tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria  attività lavorativa.

L’istanza del militare è istruita nel termine di trenta giorni, nel senso che il richiedente deve ricever l’assenso od il dissenso entro 30 giorni.

L’Amministrazione dovrà verificare se sussiste un posto vacante  e disponibile per la stessa posizione retributiva del richiedente ed, una volta individuata la sede ove poter trasferire il militare, dovrà acquisire l’assenso delle amministrazioni  di  provenienza  e  destinazione.

Il dissenso è consentito per motivate esigenze organiche o di servizio. Questa è la differenza sostanziale tra i militari (nonché le forze di polizia) e gli altri dipendenti pubblici, per i quali il dissenso deve essere invece limitato a casi o esigenze eccezionali.

Nel concreto, se per i dipendenti pubblici appartenenti al comparto privatizzato l’istanza deve di regola essere accolta, ed il diniego può essere  dovuto solo a circostanze eccezionali, per i militari l’Amministrazione deve fare una valutazione, dando prevalenza alle esigenze d’ufficio, e concederlo laddove il trasferimento non comporti particolari disservizi, oppure negarlo nel caso contrario.

La domanda deve essere presentata entro il compimento del terzo anno del figlio ed il trasferimento è fruibile per un triennio, potendo il godimento del beneficio in parola prolungarsi anche oltre il compimento del terzo anno di età minore (in tal senso cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 25 ottobre 2021 n. 904; Cons. St., sez. III, 8 aprile 2014, n. 1677; Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2014, n. 51, cit.; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 18 settembre 2020, n. 1011; T.A.R. Piemonte, sez. I, 27 agosto 2020, n. 521; T.A.R. Piemonte, sez. I, 3 aprile 2014, n. 568).

In ordine alla motivazione dell’eventuale diniego la giurisprudenza precisa che l’Amministrazione deve indicare le esigenze di servizio che l’hanno determinato (Consiglio di Stato n. 1756/2023), anche se non eccezionali. A differenza dei trasferimenti d’ordine, in questo caso l’amministrazione deve dare una motivazione, e non può riferirsi semplicemente ad esigenze di servizio, dovendo specificare quali siano nel concreto tali occorrenze. Il Giudice dovrà verificare se effettivamente tali esigenze sussistano e se sia effettivamente necessario sacrificare le esigenze del militare.

Trasferimenti ex art. 33 L. 104/1992.

La legge tutela il lavoratore dipendente, pubblico o privato che assiste una persona con disabilità in situazione di gravità, che non sia ricoverata a tempo pieno, rispetto alla quale il lavoratore sia:

  • coniuge,
  • parte di un’unione civile ai sensi dell’articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76,
  • convivente di fatto ai sensi dell’articolo 1, comma 36, della medesima legge,
  • parente o affine entro il secondo grado,
  • parente o affine entro il terzo grado, ma in questo caso solo in caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un’unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto i sessantacinque anni di età.

Il comma 5 dell’art. 33 L. n. 104/92 prevede che, in questi casi, il lavoratore ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

L’art. 33 L. n. 104/92 è applicabile ad i militari, ma l’art. 981 COM precisa che per il personale dell’Esercito italiano, della Marina  militare, dell’Aeronautica militare e dell’Arma dei Carabinieri, la scelta della sede è possibile nel limite, delle posizioni organiche previste per  il  ruolo  e  il grado, vacanti nella sede di richiesta destinazione. In  costanza  di riconoscimento del diritto  previsto  da  tale  norma,  il  personale dell’Esercito  italiano,  della  Marina  militare,   dell’Aeronautica militare e dell’Arma dei carabinieri interessato non  e’  impiegabile in operazioni in ambito internazionale o  in  attivita’  addestrative propedeutiche alle stesse”. Per concedere il beneficio al personale indicato dall’art. 981, pertanto, devono esservi posizioni organiche vacanti nella sede richiesta.

Il rigetto dell’istanza di trasferimento deve essere comunque motivato in modo specifico e non generico. Secondo la giurisprudenza infatti, “per negare il trasferimento, le esigenze di servizio non possono essere né genericamente richiamate, né fondarsi su generiche valutazioni in ordine alle scoperture di organico ovvero alle necessità di servizio da fronteggiare, ma devono risultare da una indicazione concreta di elementi ostativi, riferiti alla sede di servizio in atto, anche rispetto alla sede di servizio richiesta, e dalla considerazione del grado e/o della posizione di ruolo e specialità propri del richiedente, così come del resto oggi testualmente previsto dall’art. 981, comma 1, lett. b) del c.o.m” (T.A.R. Lazio, sez. IV, 27 aprile 2023 n. 7242)

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A chiusura di questa panoramica deve comunque considerarsi che il trasferimento viene disposto dal Ministero su indicazione del Comandante. Nella prassi il trasferimento, anche per incompatibilità ambientale, viene scelto dal Comandante solo qualora effettivamente la presenza del militare trasferito sia idonea ad incidere negativamente sul funzionamento o sul prestigio dell’Ufficio, e quando l’effetto non può essere ottenuto mediante un cambio di incarico. Ed invero, il testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare ovvero il DPR 15 marzo 2010, n. 90 prevede che il superiore deve mantenere  salda  la  disciplina  dei  militari dipendenti e mirare a conseguire la massima  efficienza  dell’unità, con ciò affermando la priorità delle scelte che è quella di garantire il buon funzionamento dell’ufficio. Il Comandante deve anche curare le condizioni di vita, facendo sì che il militare possa rendere al meglio, circostanza questa che indirettamente tende al buon funzionamento dell’ufficio. Il trasferimento deve quindi rispondere a questi criteri, che fanno si che il Comandante, ma in genere ogni superiore, adoperi il proprio potere gerarchico con grande equilibrio strategico, mantenendo l’ordine tra i propri subordinati, e ciò al fine di assicurare il buon andamento dell’ufficio ed il corretto adempimento delle delicate funzioni che l’organo militare deve espletare, con responsabilità e rigore, nell’interesse della collettività.

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