Conversione del contratto a termine e mutamento della sede di lavoro

Il contratto di lavoro a termine, in determinati casi (ne parliamo qui), può essere convertito in un contratto a tempo indeterminato. È possibile, in questo caso, trasferire il lavoratore in un’altra sede rispetto a quella dove fino ad allora aveva prestato servizio?

Bisogna tener presente che il trasferimento del lavoratore in altra sede è un diritto che la legge riconosce al datore di lavoro, il quale, nell’esercizio della propria attività di impresa, può di certo incontrare l’esigenza di trasferire una o più unità lavorative in altre sedi aziendali. Il legislatore pone tuttavia un limite all’esercizio di questo diritto, prevedendo che ciò può sì avvenire, ma solo per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, così come prevede l’art. 2103 c.c. (ne parliamo qui).

Quando, in un giudizio, un contratto a tempo determinato viene convertito in uno a tempo indeterminato, ciò avviene perché il Giudice ha ravvisato l’invalidità della clausola che prevedeva il termine del rapporto di lavoro. In questi casi, pertanto, tutte le clausole del  contratto di lavoro rimangono in vigore, tranne quella che prevedeva il tempo determinato.

Rimane pertanto in vigore anche la clausola che dall’origine prevedeva la sede di lavoro del dipendente.

Per queste ragioni la giurisprudenza è solita affermare che “l’ottemperanza del datore di lavoro all’ordine giudiziale di riammissione in servizio, a seguito di accertamento della nullità dell’apposizione di un termine al contratto di lavoro, implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento nell’attività lavorativa deve quindi avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie” (Cass. civ., Sez. lavoro, Sentenza, 23/04/2019, n. 11180)

Ne consegue che, il datore di lavoro, dopo la conversione del contratto da tempo determinato ad indeterminato, deve riammettere il proprio dipendente presso la sede originaria.

Il datore di lavoro, dopo averlo riammesso nella sede originaria, può trasferire il dipendente in un’altra sede?

Dopo aver ripristinato il rapporto presso la sede originaria, il dipendente ed il datore di lavoro sono assoggettati alle regole ed alla normativa ordinariamente applicabili a qualsiasi rapporto lavorativo. Quindi – come detto in precedenza – il datore di lavoro ha diritto a trasferire del lavoratore in altra sede solo laddove tale scelta sia esclusivamente dettata da ragioni tecniche, organizzative e produttive, così come previsto dall’art. 2103 c.c. Anche questo principio è affermato dalla Cassazione che ha chiarito “nell’ipotesi di accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a riammettere in servizio il lavoratore nelle precedenti condizioni di luogo e di mansioni, salvo adottare un provvedimento di trasferimento nel rispetto di quanto previsto dall’art. 2103 c.c.“ (Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 06/07/2020, n. 13905).

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